giovedì 24 settembre 2020

Snow Black di Francesca Tassini


Esistono vari tipi di gabbie e nessuna di queste è fatta per gli uomini.

È possibile fuggire da una gabbia fisica, è altrettanto possibile fuggire da una gabbia mentale?

Ma soprattutto: chi disegna i confini di questa gabbia? Sono gli altri o siamo noi stessi?

Queste sono solo alcune delle domande che mi sono posta leggendo "Snow Black" di Francesca Tassini edito da Marietti junior , in uscita il 24 settembre.

Snow Black è la detective ragazzina più famosa del web, risolve casi su casi con una percentuale di successo altissima, fino a quando non si risveglia in un luogo buio senza più un corpo né ricordi. La nostra protagonista capisce di essere morta e il suo fantasma è intrappolato dentro internet. Cosa le è successo? È pur sempre una detective, deve affrontare l'indagine più difficile di tutte: quella della sua morte. Le sue ricerche nel web la portano a Blooming e riesce ad entrare in contatto con il mondo reale trovando due alleati: i fratelli Ella e Kennedy Davis. Scopre che il suo ultimo caso era ambientato proprio in quella cittadina, qualcuno l'ha attirata lì e nel frattempo stanno accadendo cose strane: occhi piangenti dipinti sui muri, ragazzi che scompaiono, una nuova droga blu...

Snow Black è a mio parere un libro leggibile a più livelli, proprio come se fosse un videogioco. Diciamo quindi che ogni lettore può decidere a che livello giocare con il romanzo. 

C'è il livello facile, che sicuramente prediligeranno i ragazzini, che è semplicemente quello della trama. È un thriller particolare, ipnotico, che costringe il lettore a divorare le pagine. I colpi di scena si susseguono fino alla fine con un ritmo velocissimo. Non per niente l'ho finito in qualche ora. Una velocità che è esattamente quella che ci aspetteremmo da internet, una corsa contro il tempo, un viaggio in prima persona in cui ogni volta che giri la pagina è come cliccare su una nuova finestra web. I personaggi sono caratterizzati molto bene, cosa non facile con i libri per ragazzi. 

I protagonisti appaiono ancora più originali sul rassigurante sfondo dipinto da personaggi secondari stereotipati che ci aspetteremmo in una di quelle piccole cittadine alla Hawkins o alla Derry in cui accadono cose strane. Per i ragazzi è quindi un thriller dai toni un po' horror, perfetto anche come lettura di Halloween. 

Gli adulti invece possono decidere di giocare al secondo livello: quello difficile. Possono certamente apprezzare il ritmo serratissimo della trama, ma in loro si fanno strada molte domande estremamente attuali. Domande che portano a riflessioni interessanti sulla tecnologia e sul modo di usarla. Da una parte una gradevole comodità...ma a quale prezzo? Non sarà forse la classica gabbia dorata? Una gabbia nella quale ci infiliamo noi stessi? Un guinzaglio che diamo in mano a qualcuno di sconosciuto, un pericolo, un rischio da correre per rimanere insieme agli altri umani. Puoi essere prigioniero se tanto lo sono tutti? La paura di non essere, di non apparire, di non esistere per gli altri è diventata più importante della nostra libertà? Sono domande difficili e Snow Black, oltre ad un romanzo estremamente avvincente, è anche tutto questo, una riflessione, un biglietto per una oscura parte di noi stessi che non vogliamo vedere. 

Ringrazio Francesca Tassini per aver creato questa perfetta metafora del mondo odierno e grazie infinite a Marietti Junior per questo titolo interessantissimo, sono certa che faranno un ottimo lavoro per l'editoria italiana.

lunedì 7 settembre 2020

"E l'oceano era il nostro cielo" di Patrick Ness


 Oggi parliamo di "E l'oceano era il nostro cielo", romanzo per ragazzi di Patrick Ness. 

Di suo avevo letto "Mentre noi restiamo qui" e devo dire che non mi era piaciuto, anche se dopo aver letto entrambi ho capito che non cerca mai una via facile per far comprendere i suoi messaggi. Questo romanzo, a differenza del primo, mi ha stupito moltissimo. Arrivata alla fine ho dovuto fermarmi per cercare di comprendere tutte le metafore che l'autore ha cercato di trasmettere. Forte testimonianza del fatto che a volte i libri per ragazzi possono rappresentare dei validi spunti di riflessione anche per gli adulti e che non vanno trattati con snobismo e sufficienza. 


Si tratta di un retelling del classico Moby Dick, anche se si discosta abbastanza dal romanzo di Melville.

Questa è la storia di Batsheba, un'apprendista cacciatrice, ricopre questa posizione a causa di una profezia imposta da sua nonna, eppure si convince che sia la scelta giusta anche in seguito alla morte della madre. Ha la fortuna di essere sotto il comando della grande Capitana Alexandra, balena che ha un conto in sospeso con il famigerato Toby Wick, demonio tra gli uomini. L'uomo più malvagio, flagello dei mari e assassino di balene è proprio lui, Toby Wick, e la profezia dice che saranno la Capitana Alexandra e le sue apprendiste ad eliminarlo.


Uno degli aspetti più interessanti di questo romanzo sono certamente le contrapposizioni, il mondo delle balene è speculare al nostro, per loro l'abisso non sono le profondità dell'oceano ma il pelo dell'acqua, il confine con il mondo degli uomini. Una citazione del libro lo spiega molto bene: "𝓛'𝓪𝓫𝓲𝓼𝓼𝓸 𝓼𝓲 𝓼𝓽𝓮𝓷𝓭𝓮𝓿𝓪 𝓼𝓸𝓽𝓽𝓸 𝓭𝓲 𝓷𝓸𝓲, 𝓮 𝓵'𝓸𝓬𝓮𝓪𝓷𝓸 𝓮𝓻𝓪 𝓲𝓵 𝓷𝓸𝓼𝓽𝓻𝓸 𝓬𝓲𝓮𝓵𝓸".


Bathsheba è cresciuta odiando e cacciando gli umani, non le è stato insegnato altro. Perché hanno ucciso sua madre, perché sono dei demoni, perché è giusto essere non solamente vittime ma anche carnefici, un confine sottile e una scusa usata troppo spesso. Ma la guerra si combatte con la guerra. 

Gli uomini cacciano le balene e le balene cacciano gli uomini: è stato così fin dalla notte dei tempi. 

Non ci sono domande da porre: è così e basta. Ma cosa succede quando ad una balena vengono dubbi? Cosa succede quando una balena, nonostante gli insegnamenti ricevuti, si ritrova a pensare che un umano (Demetrius) non è poi così cattivo come lo sono tutti gli altri? Cacciamo davvero per non essere cacciati oppure cacciamo perché ci piace farlo, perché il diverso fa paura? Perché, in fondo, siamo demoni anche noi? Pensare con la propria mente può essere la chiave per il cambiamento.


E questo Toby Wick chi è? Perché incute così tanta paura alle balene e agli umani? Non è mai stato visto, si conosce solo grazie alle dicerie. E, soprattutto, Toby Wick esiste davvero o è solo una metafora, un mito, un demonio creato da anni e anni di paure e incomprensioni annidate nella mente di uomini e balene? Patrick Ness non ce lo dice, mossa azzardata per un libro per ragazzi, o forse ha nascosto sapientemente il messaggio.

Quel pelo dell'acqua che separa i due mondi, dove vive quel demone che li spaventa entrambi, una leggenda nociva che va estirpata "𝓟𝓮𝓻𝓬𝓱𝓮' 𝓭𝓮𝓶𝓸𝓷𝓲 𝓬𝓲 𝓼𝓸𝓷𝓸 𝓷𝓮𝓵𝓵𝓮 𝓹𝓻𝓸𝓯𝓸𝓷𝓭𝓲𝓽𝓪' 𝓶𝓪 𝓫𝓮𝓷 𝓹𝓮𝓰𝓰𝓲𝓸𝓻𝓲 𝓼𝓸𝓷𝓸 𝓺𝓾𝓮𝓵𝓵𝓲 𝓬𝓱𝓮 𝓬𝓻𝓮𝓲𝓪𝓶𝓸 𝓷𝓸𝓲".


Un libro forte, accompagnato fedelmente dalle tavole profondamente evocative di Rovina Cai, senza le quali non avrebbe lo stesso mordente.

Ve lo consiglio se volete mettervi alla prova con qualcosa di diverso, se siete attenti ai temi ambientali, se amate plasmare i libri sui temi attuali e viceversa.


giovedì 3 settembre 2020

"Heart of the sea" di Nathaniel Philbrick



 "𝓜𝓮𝓷𝓽𝓻𝓮 𝓲 𝓵𝓸𝓻𝓸 𝓽𝓸𝓻𝓶𝓮𝓷𝓽𝓲 𝓻𝓪𝓰𝓰𝓲𝓾𝓷𝓰𝓮𝓿𝓪𝓷𝓸 𝓷𝓾𝓸𝓿𝓮 𝓿𝓮𝓽𝓽𝓮, 𝓒𝓱𝓪𝓼𝓮 𝓬𝓪𝓹𝓲 𝓬𝓱𝓮 𝓲 𝓼𝓾𝓸𝓲 𝓾𝓸𝓶𝓲𝓷𝓲 𝓷𝓸𝓷 𝓪𝓿𝓮𝓿𝓪𝓷𝓸 𝓫𝓲𝓼𝓸𝓰𝓷𝓸 𝓭𝓲 𝓭𝓲𝓼𝓬𝓲𝓹𝓵𝓲𝓷𝓪, 𝓶𝓪 𝓭𝓲 𝓲𝓷𝓬𝓸𝓻𝓪𝓰𝓰𝓲𝓪𝓶𝓮𝓷𝓽𝓸. 𝓛'𝓾𝓷𝓲𝓬𝓪 𝓬𝓸𝓼𝓪 𝓬𝓱𝓮 𝓼𝓲 𝓯𝓻𝓪𝓹𝓹𝓸𝓷𝓮𝓿𝓪 𝓽𝓻𝓪 𝓵𝓸𝓻𝓸 𝓮 𝓵𝓪 𝓶𝓸𝓻𝓽𝓮 𝓮𝓻𝓪 𝓵𝓪 𝓼𝓹𝓮𝓻𝓪𝓷𝔃𝓪".

Prima del Pequod c'è stata la Essex, prima del Capitano Achab ci sono stati il capitano Pollard e il primo ufficiale Owen Chase, prima di Moby Dick c'è stata un'altra, vendicativa balena. 

Quando, leggendo Moby Dick, mi sono imbattuta nella menzione alla baleniera Essex, nonostante sia stato solo un granello di sabbia nel capolavoro di Melville, mi sono incuriosita. Ho scoperto che quel granello di sabbia, quella piccola menzione in pagine e pagine di romanzo, non erano certo sufficienti a esprimere la riconoscenza che Melville doveva questa storia vera. La storia della baleniera Essex è, di fatto, quella che ha ispirato l'intera storia di Moby Dick. Una storia, quella della Essex, che negli anni si è preferito dimenticare a Nantucket, cittadina che con la caccia alle balene ci campava. Nathaniel Philbrick si trasferisce proprio qui con la moglie e inizia ad indagare su questa storia attraverso i diari e gli scritti lasciati soprattutto da Owen Chase, il primo ufficiale, e Thomas Nickerson, il mozzo.

Questo romanzo, che è una ricostruzione quasi perfetta degli avvenimenti, è stato per me una grande sorpresa. A metà tra la narrativa e la saggistica, non sono riuscita a staccarmi dalle sue pagine per giorni. Il contesto e le lunghe descrizioni con termini marinareschi anche molto tecnici, sono abilmente smorzate dall'interesse che pervade il lettore per la sorte degli uomini. E così ho imparato moltissimo sulla caccia alle balene, su com'era vivere a Nantucket, sull'inaspettato ruolo della donna, sulla fisiologia umana e delle balene. La cosa interessante è che tutte queste nozioni non mi sono pesate per niente. 

È vero che Moby Dick si ispira a questa storia, ma dove Melville pone il suo punto di fine, la storia dell'Essex ha inizio. Le pagine proposte sono crude, ricche di spunti di riflessione, portano all'esasperazione il grande dilemma dell'uomo, il contrasto tra la lotta alla sopravvivenza e la corsa all'arricchimento. Cosa conta realmente? Quanto ci mette un uomo a tirare fuori il suo istinto primordiale? Cosa è giusto? Cosa è etico? Cosa è concesso prima di poter dire di aver perso la propria umanità? Una tragedia raccontata con mordente, un'avventura degna di questo nome e anche di più, perché non lascia alcun sapore di vittoria e successo in bocca. Ciò che conta è la salvezza, anche se per raggiungerla è necessario perdere un pezzo di sé stessi.

Ho amato profondamente questo libro e non posso che consigliarvelo. Si legge sicuramente meglio rispetto a Moby Dick, la scrittura moderna lo rende più scorrevole, la veridicità dei fatti lo rende più autentico, credibile e profondo.

giovedì 27 agosto 2020

"Schegge" di Alfonso Zarbo


 

"𝕹𝖔𝖓 𝖕𝖆𝖗𝖔𝖑𝖊 𝖒𝖆 𝖘𝖈𝖍𝖊𝖌𝖌𝖊".

Oggi vi parlo di "Schegge" scritto da Alfonso Zarbo , una piccola perla epic fantasy che può davvero incantare gli amanti del genere. Il libro comprende nove racconti suddivisi in tre filoni.

I primi quattro fanno parte del medesimo ciclo narrativo, "Ivory and Blood", e costituiscono la parte più consistente del romanzo, lo stile mi ha ricordato molto quello di "Il trono di spade", magia e forza bruta vengono sapientemente mescolate per offrirci da bere una storia memorabile, ma anche quello di "The Witcher", non chiedetemi perché, ma durante buona parte della lettura ho avuto la sensazione di vivere in un videogioco.
Nei quattro racconti di "Ivory and Blood" Alfonso ci presenta un ambiguo protagonista: Vortighern, un cacciatore di draghi tormentato da una tremenda maledizione, in battaglia svanisce il suo controllo su sé stesso e sopraggiunge un'incontrollabile furia omicida. Regalandoci uno scorcio sulla mitologia norrena, Vortighern diventa una sorta di berserker, i temibili guerrieri orso o lupo, non riuscendo più a distinguere differenze tra amici e nemici. Le vicende di Vortighern le leggiamo con piacere soprattutto nel primo e nell'ultimo racconto: "Il cacciatore di draghi" e "Il teschio del demone". I due racconti centrali invece, dai titoli altrettanto epici ed evocativi: "Anushiravan" e "Un cuore per abisso" vengono sapientemente collegati attraverso personaggi ed ambientazioni. Un protagonista ambiguo necessita di un villain ambiguo, che ritroviamo nel personaggio di Bleda, un'ambizioso guerriero del quale, grazie al cielo, ci viene raccontata la storia, il che lo trasforma in uno di quei cattivi che stanno estremamente antipatici ma che sono impossibili da odiare.

"𝖆𝖑𝖙𝖗𝖊 𝖘𝖈𝖍𝖊𝖌𝖌𝖊 𝖓𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖙𝖊𝖘𝖙𝖆"

Il secondo filone, il mio preferito, comprende quattro racconti autoconclusivi, originalissimi, diversificati e di forte impatto.
"Dalla parte della vendetta" è ambientato in una Roma devastata dall'apocalisse e ingaga il rapporto dell'uomo con la fede, concetto ripreso in "Il volere di Dio, la mano del diavolo", una splendida interpretazione del ciclo carolingio, ricco di spunti di riflessione mossi da una scrittura a tratti poetica. Uno dei pregi che ho trovato in questa raccolta è una mancanza effettiva di bene e male, per quanto ci siano, sono soggettivi. A questo fanno pensare i prigionieri pagani di quest'ultimo racconto, in ginocchio e legati nella polvere rossa, "𝕮𝖔𝖗𝖕𝖎 𝖎𝖓𝖈𝖆𝖙𝖊𝖓𝖆𝖙𝖎 𝖆𝖑𝖑𝖆 𝖑𝖊𝖌𝖌𝖊 𝖉𝖎 𝕯𝖎𝖔".
"𝕯𝖎𝖔 è 𝖚𝖓 𝖕𝖎𝖙𝖙𝖔𝖗𝖊 𝖇𝖊𝖋𝖋𝖆𝖗𝖉𝖔. 𝕯𝖆𝖑𝖑'𝖆𝖑𝖙𝖔, 𝖈𝖔𝖓 𝖘𝖕𝖗𝖆𝖟𝖟𝖎 𝖕𝖚𝖗𝖕𝖚𝖗𝖊𝖎, 𝖉𝖎𝖕𝖎𝖓𝖌𝖊 𝖛𝖎𝖘𝖎𝖔𝖓𝖎 𝖉𝖎 𝖚𝖓 𝖖𝖚𝖆𝖉𝖗𝖔 𝖔𝖒𝖎𝖈𝖎𝖉𝖆, 𝖆𝖋𝖋𝖗𝖊𝖘𝖈𝖍𝖎 𝖉𝖎 𝖘𝖆𝖓𝖌𝖚𝖊 𝖊 𝖉𝖎 𝖙𝖊𝖓𝖊𝖇𝖗𝖆 𝖗𝖆𝖋𝖋𝖎𝖌𝖚𝖗𝖆𝖓𝖙𝖎 𝖎𝖑 𝖘𝖊𝖓𝖙𝖎𝖊𝖗𝖔 𝖉𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖛𝖊𝖗𝖎𝖙à 𝖊 𝖉𝖊𝖑 𝖉𝖔𝖑𝖔𝖗𝖊." , ma sarà di Dio quella voce che spinge Orlando ad uccidere con così tanta foga?

"𝕼𝖚𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖑𝖎𝖇𝖊𝖗𝖙à 𝖈𝖍𝖊 𝖛𝖔𝖑𝖊𝖛𝖆 𝖕𝖗𝖊𝖓𝖉𝖊𝖗𝖘𝖎 𝖘𝖔𝖑𝖔 𝖕𝖊𝖗𝖈𝖍é, 𝖆𝖌𝖑𝖎 𝖔𝖈𝖈𝖍𝖎 𝖉𝖎 𝕯𝖎𝖔 𝖊 𝖉𝖊𝖌𝖑𝖎 𝖚𝖔𝖒𝖎𝖓𝖎, 𝖉𝖔𝖛𝖗𝖊𝖒𝖒𝖔 𝖊𝖘𝖘𝖊𝖗𝖊 𝖋𝖗𝖆𝖌𝖎𝖑𝖎, 𝖎𝖓𝖋𝖊𝖗𝖎𝖔𝖗𝖎, 𝖉𝖔𝖒𝖆𝖙𝖊. 𝕸𝖎 𝖛𝖎𝖊𝖓𝖊 𝖉𝖆 𝖕𝖊𝖓𝖘𝖆𝖗𝖊 𝖆𝖑 𝖇𝖊𝖑𝖑𝖎𝖘𝖘𝖎𝖒𝖔 𝖛𝖔𝖑𝖙𝖔 𝖉𝖎 𝖑𝖊𝖎.
𝕮𝖔𝖒𝖊 𝖋𝖆𝖑𝖊𝖓𝖊 𝖓𝖊𝖑𝖑𝖆 𝖕𝖔𝖑𝖛𝖊𝖗𝖊 𝖉𝖆 𝖘𝖕𝖆𝖗𝖔"
Il racconto che sicuramente mi rimarrà di più è senz'altro "Come falene nella polvere da sparo" al quale è ispirata la mia foto, racconto storico sui conquistadores spagnoli del 1600. Una scheggia di quelle che ti rimane nel dito per giorni quando urti un mobile di legno, quasi impossibile da togliere. Siamo su una nave diretta nel Nuovo mondo, pane per i miei denti, sembra che i conquistadores non abbiano alcuna pietà per gli indios, in nome di una fede che sembra quasi a tutti indispensabile. Un inno al diverso, in più di un senso, alla libertà, al desiderio. Movimentato, travagliato, commovente, divertente, avrei voluto un intero libro su questo racconto.

Segue "Maelström", il mio secondo preferito, che si propone di raccontare la leggenda norrena dei gorghi infernali causati dalle maree in Norvegia; ho amato questo racconto perché sembra proprio una fiaba da raccontare ai bambini vichinghi davanti ad uno scoppiettante fuoco in una notte di luna piena.

Infine abbiamo "Notte di lame a Tempofosco", terza parte della serie Epic fantasy "Ivengral saga", devo assolutamente recuperare le prime due. Qui trovate elfi, nani e creature del fantasy classico, se amate il genere.

Se non l'avete ancora capito il libro mi è piaciuto moltissimo, ho deciso di leggere un racconto al giorno e mi ha tenuto piacevolmente compagnia per un po' di tempo. La stile di scrittura è scorrevole e divertente, il che non toglie un'invidiabile capacità tecnica. Alcuni passi sono veramente delicati e suggestivi, altri sono movimentati, chiassosi e costringono il lettore a trattenere il fiato. Questi nove racconti sono piccole schegge di fantasy, qualcosa di forte per chi cerca spade, sangue, magia, avventura, amore, odio. Se trovate il mondo un po' troppo noioso e volete esplorarne altri, arruolatevi e salpate verso questa avventura.


martedì 25 agosto 2020

Warrior cats di James L.Barry e Erin Hunter- Graphic novel


StriciaGrigia non è un gatto qualunque, è un guerriero del Clan del Tuono che per proteggere i suoi compagni viene catturato nella foresta, la sua casa, finendo adottato da una famiglia di bipedi (simpatico nomignolo per indicare gli umani). I bipedi sono gentili con lui anche se gli danno da mangiare delle palline disgustose che per lui non sono vero cibo. I topi e gli uccellini, quelli sono il cibo adatto per un vero gatto guerriero! StrisciaGrigia però si sente in trappola tra le quattro mura di casa, lui è abituato a cacciare e combattere per vivere, la vita del gatto domestico proprio non fa per lui, è nervoso e scontroso mentre lentamente perde il vero sé stesso. Fino a quando non deciderà di tornare dai suoi compagni, nella foresta, affrontando un duro viaggio insieme alla sua nuova amica, la gatta domestica Milly. 

Una graphic novel che racconta il difficile rapporto tra l'uomo e i gatti (discorso adattabile a molti animali). Siamo abituati a considerarlo un animale domestico, eppure ad alcuni gatti la vita domestica sta abbastanza stretta, perdono la loro vera natura, il loro istinto da predatori per adattarsi allo stile di vita che noi crediamo ideale per loro, seppur mossi dalle migliori intenzioni.

Altra tematica importante è quella del rapporto tra l'uomo e l'ambiente, l'uomo che con i suoi mostri meccanici distrugge tutto costringendo il pianeta a soffrire e gli animali allo sfratto e, spesso, alla morte. Eppure gli uomini sono intelligenti, basterebbe così poco per far aprire gli occhi anche al più cieco di loro. Basterebbe trovare la giusta leva alla sensibilità di ognuno di noi. Basterebbe la consapevolezza che la vita è più importante degli interessi, del consumismo, del denaro. Basterebbe trovare quella connessione con la terra e i suoi abitanti che, lentamente, abbiamo perso. 

Queste e molte altre sono le riflessioni mosse da questa graphic novel, il disperato tentativo di StrisciaGrigia di ritrovare sé stesso in armonia con la natura si fa strada anche dentro il lettore.

Vi consiglio caldamente di recuperarla.

martedì 11 agosto 2020

Recensione "Heartstopper" di Alice Oseman



"Due ragazzi si incontrano", è scritto sulla copertina di questa graphic novel di Alice Oseman portata finalmente in italia da Oscar vault . È la frase più semplice del mondo, non cerca di catturare i lettori con trame complesse, al contrario promette un'essenzialità che pochi libri hanno. 

Heartstopper è la storia di Nick e Charlie, due personaggi già noti al mondo letterario in quanto Charlie è il fratello minore della protagonista di "Senza nuvole", scritto sempre dalla Oseman ed edito da @newtoncomptoneditori . La storia è fruibile anche da chi questo romanzo non lo ha letto, come me. 

Due ragazzi si incontrano...e si innamorano.      Charlie  èun ragazzo gay, ha già fatto coming out e dopo un periodo di difficile accettazione sociale, è già convinto della sua sessualità. Per Nick è diverso, scoprirà i suoi sentimenti stando insieme a Charlie.

Ho paragonato questa GN al Piccolo principe, a mio parere sono entrambi libri che eccellono nel raccontare cose semplici, a volte banali. Lo fanno nel modo giusto, sono tematiche che sono (o dovrebbero, in questo caso) essere già radicate nell'immaginario collettivo adulto. Raccontano con un linguaggio dolce, semplice, adatto ad un pubblico giovane di bambini e ragazzi che non si sono ancora aperti ad alcune tematiche che costituiscono già per gli adulti delle ovvietà. Questa semplicità del racconto è, secondo me, molto importante, in quanto rende le tematiche LGBT consolidate, naturali come un semplice innamoramento tra sessi opposti. 

I disegni leggeri e poetici contribuiscono ad enfatizzare la tenerezza della trama, a volte le parole sono di troppo e la scrittrice lascia la voce alle immagini, permettendo al lettore di volare da una pagina all'altra con le farfalle nello stomaco, sorridendo dell'ingenuità dei protagonisti. 

Un primo capitolo introduttivo, giovane, attuale, che cattura. Ho amato le carte d'identità delle ultime pagine con tanto di tipi di personalità e case di Hogwarts, che dimostrano la giovane età della scrittrice, che ha voluto dare importanza ad alcuni capisaldi della mia stessa generazione. È un libro che consiglio a tutti, si legge in un'oretta e ne vale ogni minuto💕.

venerdì 3 luglio 2020

Recensione "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare" di Luis Sepúlveda


Questa è la storia di una promessa, una promessa che va oltre la razza e che pone le sue radici nell'aiuto che un essere vivente dovrebbe sempre essere pronto a dare ad un altro.
Il gatto Zorba promette a mamma gabbiana che si prenderà cura della sua gabbianella, e lo farà non solo per i bisogni primari, ma anche spiritualmente, insegnandole ad essere chi realmente è, un gabbiano che sa volare. Eppure di certo i gatti non volano, questo è un grande sforzo per Zorba e i suoi amici, significa imparare a padroneggiare un'arte che non possono mettere in pratica, solo per insegnarla a qualcun altro.

Luis Sepúlveda ci mostra l'intelligenza degli animali rispetto alla nostra, soprattutto nel mondo odierno dominato da egoismo e diffidenza.
È difficile riacquistare la fiducia negli altri, quella incondizionata e disinteressata, siamo tutti capaci di dire belle parole che poi fatichiamo a mettere in pratica.

Questo è un libro semplice, potrebbe sembrare una storia infantile e superficiale, ma come spesso accade la semplicità è un'arte e nasconde una profondità che molti tomi ignorano.

Splendido come il racconto parta da uno dei problemi del mondo moderno: l'azione distruttiva dell'uomo, il petrolio che uccide natura e animali si trasforma così nel male che avvia la storia, storia che riesce a riprendere la  spensieratezza e la felicità grazie alla solidarietà che a noi umani, schiavi del consumismo e del dio petrolio, manca.

È una lettura che scorre via rapida e che commuove, straordinariamente attuale se posta a confronto con il tema del razzismo o dei migranti.
Adatta sia ai bambini che agli adulti, vi consiglio di recuperarla se non l'avete ancora fatto😉.

domenica 3 maggio 2020

Recensione "Notre Dame de Paris"


La recensione di questo libro arriva con un mese di ritardo, perché i libri belli vanno digeriti, soprattutto i classici, ai quali si teme sempre di non rendere mai la meritata giustizia.
"Notre Dame de Paris" è un romanzo monumentale come la cattedrale che celebra, non tanto per la mole abbastanza consistente quanto per l'immensa profondità dei suoi contenuti. È, prima di entrare in ambito prettamente narrativo, la storia di come la letteratura può salvare l'architettura. Quando Hugo scrisse il suo romanzo, i parigini consideravano gli edifici gotici delle mostruosità, lui che invece considerava l’architettura medioevale come "il grande libro dell’umanità" non era dello stesso parere. Sul volto di Notre Dame si trovano rughe e cicatrici: il tempo è vorace e l'uomo ancor di più. La grande architettura è un ammasso di cultura sopravvissuta nei secoli, di stratificazioni dei vari uomini susseguiti nel tempo. Eppure, come una madre natura che di naturale ha ben poco, la grande architettura sopravvive, la sua presenza calma, la sua rigorosità intimorisce come un giudice benevolo. Hugo fa rinascere Notre Dame, la consacra a simbolo di Parigi e ne fa una martire per cui piangere anche per noi contemporanei. Perché nel 2019 sono bruciate le voci dei secoli passati, non un austero edificio di pietra. La cattedrale è la vera protagonista del romanzo, vede consumarsi le vicende dei protagonisti e sopravvivrà a loro e a tanti altri.  Le vicende sono molto più complesse e intricate rispetto al lungometraggio Disney. Siamo a Parigi nel 1482 e Hugo ce lo fa capire benissimo, perché con un ritmo festoso e incalzante veniamo invitati a uno dei famosi misteri medievali, che altro non sono che rappresentazioni teatrali. Pierre Gringoire è il poeta squattrinato e incompreso artefice del mistero e il lettore è quasi portato a credere che sia lui il vero protagonista. Ma questo libro di protagonisti non ne ha. Questo perché è quasi impossibile non empatizzare con i personaggi. Tutti si fanno amare e odiare, senza esclusioni. È il caso della bella Esmeralda, ingenua gitana che vive danzando con la sua capra Djali.
Impossibile non rimanere affascinati da lei, eppure la sua ossessione per Phoebus e la sua incapacità di guardare Quasimodo, a volte la rendono stucchevole. Oppure parliamo di Phoebus, il personaggio più odiato del libro, è moralmente un uomo che speri anneghi nel suo disonore, eppure è profondamente vero. Citiamo Claude Frollo, a mio parere il più riuscito di tutta l'opera, il personaggio che mi ha regalato uno dei capitoli più belli letti in tutta la mia vita. Un rigido arcidiacono che a dispetto dei suoi più sacri principi è vittima di una potente infatuazione per la bella Esmeralda. L'amore di un dannato che è stregato, disperato e perduto. Un uomo che riesce a liberarsi dal carcere dei propri principi per andare incontro a un amore non corrisposto. E poi c'è Quasimodo, uno storpio che ha ricevuto solo violenza ed è l'unico linguaggio che conosce. Fino a quando non scopre che esistono anche altri linguaggi e altri modi per donare la sua delicata devozione. Esmeralda (purtroppo direi) non è la gitana sensuale e spigliata che la Disney ci ha donato, Phoebus non è un capitano senza macchia, Frollo non è un perfido arcidiacono senza sfumature e Quasimodo non è il ridente gobbo che parla con i Gargoyle (parla sì con i Gargoyle e anche con le campane, ma la malinconia che si nasconde dietro al fatto che sono le uniche cose con cui può parlare rompe ogni magia disneyiana). Le citazioni che mi sono rimaste nel cuore sono tante, questo dimostra una scrittura molto descrittiva ma anche molto riflessiva in grado di catturare il lettore e risultando fluente nonostante il secolo in cui il romanzo è stato scritto. I temi sono tantissimi e tra classi sociali e culture diverse Hugo dà autorità alla folla, ne presenta i componenti uno ad uno. Gli abitanti di Parigi hanno un volto e un nome, sempre. Il popolo di Parigi ha una dignità, non è un'indistinguibile e sacrificabile massa. Gli studenti, i religiosi, i militari, i membri della Corte dei miracoli, a tutti viene data una decenza letteraria. Questo rende i personaggi di Hugo così profondamente umani. La storia, ahimè, non è tutta rose e fiori come la ricordavamo, è molto più oscura ma anche molto più emozionante. Ma non posso dirvi di più ovviamente, per sapere altro dovrete prendere una decisione molto importante: leggerlo😉.
Vorrei infine spendere due parole sull'edizione firmata Oscar vault, la traduzione mi ha spesso fatto venire la pelle d'oca. Le illustrazioni, i materiali, la scelta dei tagli delle pagine, è tutto perfettamente studiato per far fare al lettore un viaggio indimenticabile, ringrazio voi della Oscar perché ringraziare Hugo non mi è possibile e qualcuno devo pur ringraziare per le emozioni provate durante questa splendida lettura❤️.

martedì 10 marzo 2020

Recensione "It" di Stephen King


A 8 pagine dalla fine di questo grande capolavoro di Stephen King mi sono imbattuta in questa frase: "Partiamo, ce ne andiamo da Derry, pensa. Ce ne andiamo da Derry e se questa fosse una storia saremmo alle ultime poche pagine; sarebbe il momento di prepararci a riporre il libro nello scaffale e dimenticarcene." e mi è salita inevitabilmente la tristezza e il senso della perdita. Così come i Perdenti si dimenticano gli uni degli altri, prima i dettagli fino a ricordare poco e niente, inevitabilmente io andrò dimenticandomi i dettagli di questo libro come i dettagli di tutti i libri ed è una cosa che ho sempre trovato molto triste.
King è abilissimo a giocare con i salti temporali, i miei Perdenti (ai quali mi sono affezionata tantissimo) sono sballottati in una narrazione incalzante da bambini ad adulti continuamente.
Non fatevi ingannare dal pensiero comune, questo non è un libro dell'orrore, è molto di più, tratta di talmente tante tematiche che posso solo citarvene alcune: bullismo, violenza domestica, omofobia, ipocondria, pedofilia e ovviamente amicizia. Un'amicizia completa e totale, un'amicizia che aiuta ad accettare sé stessi e ad accettare gli altri. E qui arriviamo a quello che secondo me é il vero punto focale del romanzo: credere in sé stessi, nelle proprie convinzioni, nei propri sogni, superare i propri limiti e le proprie paure a dispetto di una società menefreghista che non riesce a vedere. It è secondario, It è Derry, It è la comunità con i suoi subdoli giochi: è il bullo che se la prende con i più deboli e gli omosessuali, è il marito che picchia la moglie, è il padre che molesta la figlia, ma é anche l'indifferenza dei genitori, il vicino di casa che vede ma non guarda. E questo romanzo mi ha portato a pensare che un essere mutaforma che prende le sembianze dei nostri timori fa comunque meno paura dei racconti di crude violenze che subiscono i protagonisti. Sconfiggere It, sconfiggere le paure, superare gli abusi; tutto questo lo si può fare solo credendo fermamente di poterlo fare, anche se gli altri dicono che non ce la faremo, anche se It dice che non ce la faremo, che soccomberemo. "Ma insieme avevano scoperto un segreto allarmante del quale nemmeno It era stato consapevole: ogni credenza ha il suo rovescio. Se ci sono diecimila contadini medievali capaci di far esistere i vampiri con la forza della loro credulità può essercene sempre uno, e probabibilmente bambino, capace di immaginare il piolo con cui ucciderli. Ma un piolo non è che uno supido pezzo di legno. La mente è invece  cola mazzan cui conficcarlo nel cuore." Ed ecco che ritorna il tema, il successo è determinato da quanto ci crediamo. Infatti i Perdenti alla fine lo ottengono, smettono di essere perdenti anche se sappiamo benissimo che in fondo non lo sono mai stati. Bill, Ben, Richie(il mio preferito), Beverly, Eddie, Mike e Stan mi mancheranno tantissimo perché in fondo sento di aver camminato con loro nelle vie di Derry.  È un libro che consiglio caldamente di leggere, nonostante la mole, finirlo dà veramente una grande soddisfazione e non è nemmeno lontanamente paragonabile al film. Vi ringrazio se siete arrivati fin qui a leggere la mia chilometrica recensione e spero di avervi fatto venire la voglia di leggerlo.

Recensione "Peter e Wendy" di J.M.Barrie


Non so se sapete che i romanzi di Peter Pan sono due: "Peter Pan nei giardini di Kensington" e "Peter Pan e Wendy". Io non lo sapevo e mi sono ritrovata a leggere il secondo che è la storia che noi tutti conosciamo.
Come sapete benissimo, tutti i bambini crescono, tranne uno: Peter Pan, un personaggio egocentrico e egoista. Un personaggio così grande da farsi amare con tutti i suoi difetti.
Dal romanzo emerge lo scontro fra bambini e adulti:  troviamo inizialmente incomprensioni tra Wendy e Mr Darling e poi incomprensioni tra Peter e Uncino; forse Mr Darling potrebbe essere considerato un James Uncino della vita reale, ora che mi viene in mente in una trasposizione cinematografica sono interpretati anche dallo stesso attore (il nostro celeberrimo Lucius Malfoy😂). Entrambi sono caratterizzati da due cose: la compostezza e le belle maniere. Ponendo queste come le due principali caratteristiche degli adulti, vediamo in Mr Darling una crescita del personaggio rappresentata proprio dal non prendersi troppo sul serio e avvicinandosi quindi al mondo dei bambini, in Uncino invece non abbiamo questa crescita e infatti muore, assicurandosi però prima che Peter Pan non possegga buone maniere. Da una parte quindi il padre di Wendy si riavvicina al mondo dell'infanzia ponendo un ponte tra adulti e bambini, dall'altra Uncino muore con la soddisfacente convinzione che quel ponte tra lui e il suo nemico non esisterà mai. Le ultime pagine in particolare lasciano in uno stato di profonda malinconia perché mostrano la nuda essenza della crescita: la nostra wendy è invecchiata e Peter, rimasto giovane, va a punzecchiare la figlia di Wendy che poi invecchierà e così via e così via e così via perché tutti i bambini crescono tranne uno... spavaldo, senza paura, che soffre di amnesia, come se quest'ultima fosse il suo prezzo da pagare per rimanere bambino, un bambino che non pensa mai alle conseguenze, innocente, spensierato e senza cuore.
In realtà sull'isola che non c'è si dimenticano le cose (ricorderete che i fratelli di Wendy quasi non ricordavano più i genitori), forse perché Peter Pan è il riflesso dell'isola stessa, la rappresentazione dell'infanzia di cui Peter Pan è il dio, forse ripreso dal dio Pan della mitologia greca. Mi è veramente piaciuto moltissimo e lo consiglio caldamente.