martedì 10 marzo 2020

Recensione "It" di Stephen King


A 8 pagine dalla fine di questo grande capolavoro di Stephen King mi sono imbattuta in questa frase: "Partiamo, ce ne andiamo da Derry, pensa. Ce ne andiamo da Derry e se questa fosse una storia saremmo alle ultime poche pagine; sarebbe il momento di prepararci a riporre il libro nello scaffale e dimenticarcene." e mi è salita inevitabilmente la tristezza e il senso della perdita. Così come i Perdenti si dimenticano gli uni degli altri, prima i dettagli fino a ricordare poco e niente, inevitabilmente io andrò dimenticandomi i dettagli di questo libro come i dettagli di tutti i libri ed è una cosa che ho sempre trovato molto triste.
King è abilissimo a giocare con i salti temporali, i miei Perdenti (ai quali mi sono affezionata tantissimo) sono sballottati in una narrazione incalzante da bambini ad adulti continuamente.
Non fatevi ingannare dal pensiero comune, questo non è un libro dell'orrore, è molto di più, tratta di talmente tante tematiche che posso solo citarvene alcune: bullismo, violenza domestica, omofobia, ipocondria, pedofilia e ovviamente amicizia. Un'amicizia completa e totale, un'amicizia che aiuta ad accettare sé stessi e ad accettare gli altri. E qui arriviamo a quello che secondo me é il vero punto focale del romanzo: credere in sé stessi, nelle proprie convinzioni, nei propri sogni, superare i propri limiti e le proprie paure a dispetto di una società menefreghista che non riesce a vedere. It è secondario, It è Derry, It è la comunità con i suoi subdoli giochi: è il bullo che se la prende con i più deboli e gli omosessuali, è il marito che picchia la moglie, è il padre che molesta la figlia, ma é anche l'indifferenza dei genitori, il vicino di casa che vede ma non guarda. E questo romanzo mi ha portato a pensare che un essere mutaforma che prende le sembianze dei nostri timori fa comunque meno paura dei racconti di crude violenze che subiscono i protagonisti. Sconfiggere It, sconfiggere le paure, superare gli abusi; tutto questo lo si può fare solo credendo fermamente di poterlo fare, anche se gli altri dicono che non ce la faremo, anche se It dice che non ce la faremo, che soccomberemo. "Ma insieme avevano scoperto un segreto allarmante del quale nemmeno It era stato consapevole: ogni credenza ha il suo rovescio. Se ci sono diecimila contadini medievali capaci di far esistere i vampiri con la forza della loro credulità può essercene sempre uno, e probabibilmente bambino, capace di immaginare il piolo con cui ucciderli. Ma un piolo non è che uno supido pezzo di legno. La mente è invece  cola mazzan cui conficcarlo nel cuore." Ed ecco che ritorna il tema, il successo è determinato da quanto ci crediamo. Infatti i Perdenti alla fine lo ottengono, smettono di essere perdenti anche se sappiamo benissimo che in fondo non lo sono mai stati. Bill, Ben, Richie(il mio preferito), Beverly, Eddie, Mike e Stan mi mancheranno tantissimo perché in fondo sento di aver camminato con loro nelle vie di Derry.  È un libro che consiglio caldamente di leggere, nonostante la mole, finirlo dà veramente una grande soddisfazione e non è nemmeno lontanamente paragonabile al film. Vi ringrazio se siete arrivati fin qui a leggere la mia chilometrica recensione e spero di avervi fatto venire la voglia di leggerlo.

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